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Intervista

Sergio Sylvestre

‘Questa performance è stata una delle prime nelle quali non ho cantato per me stesso, ma per l’umanità. Infatti, l’ho dedicata all’amore, alla pace e all’armonia. Ciò detto, so che non ci può essere pace senza giustizia, e credo che sia arrivato il momento di farci sentire. Del resto, non c’è un momento giusto o sbagliato per farlo, fintantoché viene dal cuore’. Questo è quello che il cantante americano Sergio Sylvestre ha detto a noi di TheCornerZine a proposito della sua performance, allo Stadio Olimpico di Roma, in occasione della Finale Coppa Italia 2020. Volete saperne di più? Continuate a leggere per scoprire tutto quello che questo ‘gigante buono’ ha da dire!

Innanzitutto, come ti descriveresti a tutti coloro i quali non ti conoscono ancora?

Come mi descriverei? Sono grande, nero e messicano, ma soprattutto un ‘gigante buono’, che non vuole altro se non tutto l’amore di questo mondo. Sono anche un cantautore a cui piace spezzare la normalità della società.

Sergio Sylvestre

Descriverei il mio stile come ‘mixed’: un po’ di cultura americana infusa con un po’ di stile europeo.

Dato che sei nato, a Los Angeles, da padre haitiano e madre messicana, mi piacerebbe sapere di più a proposito della tua infanzia e del modo in cui l’ambiente culturalmente misto nel quale sei cresciuto ti ha influenzato.

Quando penso alla mia infanzia, mi sembra quasi di vedere una telenovela anni ’90/una soap opera in stile ‘Willy, il principe di Bel-Air’! So che vi sembrerà folle, ma la mia infanzia è stata così…assolutamente pazza! Non c’era niente di normale nella mia famiglia, ma era questo a renderla bella. Il mix fra due mondi diversi, che s’incontravano sotto uno stesso tetto, mi ha influenzato sin da bambino, consentendomi di sviluppare due diverse modalità di pensiero. Per esempio, mia mamma ci insegnava la sua lingua e cultura, mentre papà ci aiutava a capire cosa significa essere un afroamericano. Più di tutto, mio papà ci ha insegnato che l’amore non ha colore o razza, dato che siamo tutti uguali. Ci hanno cresciuto in questo modo, perché sapevano quali ostacoli avremmo dovuto affrontare ogni giorno, dato che la gente non era abituata a vedere una donna ispanica dalla pelle chiara insieme a tre bambini di colore.

Ciò detto, ti sei sempre sentito a tuo agio nella tua pelle? Diresti che l’esibirti davanti a ogni sorta di pubblico ti ha, in un qualche modo, aiutato a superare le tue paure o insicurezze?

No, non mi sono sempre sentito a mio agio. Da bambino, ho dovuto difendere la mia identità, perché come dicevo prima la gente, in America, non era abituata alle famiglie multietniche. Per loro era difficile capire che le famiglie come la mia esistono, e mi veniva sempre fatta la stessa domanda: ‘Cosa sei?’. Direi che il viaggiare e l’incontrare persone nuove mi ha aiutato a superare le mie insicurezze. Viaggiando, ho infatti capito che là fuori c’è molto di più di razze e colori.

Eri in vacanza con la tua famiglia quando ti sei innamorato dell’Italia, hai deciso di trasferirti qui e intraprendere una carriera da cantante. Cosa ti manca di più dell’America? Se non fosse stato per quella vacanza, pensi che avresti comunque provato a diventare un cantante?

Quello che mi manca di più dell’America è la sua diversità: là, ogni singolo giorno si possono incontrare persone diverse tra loro. Per quanto riguarda, invece, la seconda parte della tua domanda, se non avessi fatto quella vacanza in Italia, non so se sarei diventato un cantante. In un qualche modo, la vita mi ha messo in questa situazione. La cosa che ho imparato dai miei genitori è l’andare con la corrente, e non contro di essa.

Da Amici a Sanremo, ti sei fatto conoscere dal grande pubblico in televisione. Qual è la tua opinione sui talent show? Pensi ancora che sia il modo migliore per farsi notare?

Penso che non ci sia un modo giusto o sbagliato di esporsi al pubblico, e che ci si debba soltanto provare. Se si ha un sogno o un obiettivo, ci si dovrebbe sempre provare. Non importa se si tratta di un casting o di un talent show: fintantoché si mette amore e passione in ciò che si fa, tutto è possibile. Fortunatamente, ho incontrato delle persone che credono in me. Se non fosse stato per loro, non sarei qui oggi. Dunque, il mio consiglio è di trovare delle persone che vi amino e supportino a prescindere da qualsiasi cosa. Al giorno d’oggi, se si creano contenuti di qualità, si può essere esposti a molte persone diverse.

Forse non tutti sanno che giocavi a football. Cosa ricordi di quel periodo? Le emozioni che provi quando sali sul palco sono le stesse che provavi sul campo da football?

Quando giocavo a football, ero davvero confuso, perché era un qualcosa che amavo fare, ma non ne ero innamorato: sapevo che amavo la musica, ma sfortunatamente ero in una relazione con il football. Le emozioni che provo adesso sono completamente diverse rispetto a quelle che ero solito provare mentre giocavo a football. Quando salgo sul palco, avverto quest’incredibile energia, un’energia fatta di amore, paura e gioia, che non sono neanche in grado di spiegare. Sul campo da football, provavo qualcosa di simile, ma aveva più a che vedere con la rabbia e l’angoscia, perché l’obiettivo del gioco consiste nel battere l’avversario.

Nel 2016 hai lanciato ‘Big Boy’, scalando le classifiche. Qual è la canzone, fra quelle di questo EP, alla quale sei maggiormente legato?

‘Big Boy’ rappresenta chi sono, quindi penso che quella sia la canzone alla quale sono più legato. Un’altra canzone a cui sono davvero molto legato è ‘Ashes’, perché mi ricorda che, indipendentemente da quello che la gente pensa di te, se credi in te stesso, tutto è possibile!

A testimoniare la tua crescita personale e professionale sono stati gli album ‘Sergio Sylvestre’ e ‘Big Christmas’. Se dovessi mettere tre momenti della tua carriera sul podio, quali sarebbero?

Per me, è molto difficile rispondere a questa domanda. In ogni caso, se dovessi mettere tre momenti della mia carriera sul podio, dovrebbero andare in questo ordine: innanzitutto vincere Amici, poi partecipare a Sanremo e, infine, cantare davanti al Papa.

Il 29 maggio hai lanciato il tuo ultimo single, ‘Story of My Life’. Qual è il messaggio dietro a questo brano così orecchiabile?

Il messaggio dietro a questo brano orecchiabile consiste nell’eliminare l’energia e le persone negative dalla propria vita, focalizzandosi sui momenti positivi e su tutto l’amore che questo mondo ha da offrire. Ha inoltre a che vedere con il non dimenticare la propria cultura e il posto dal quale si proviene, così come le persone che ci amano e supportano.

Stando al passo con i tuoi impegni lavorativi, in occasione della Finale Coppa Italia 2020 hai cantato l’inno nazionale italiano allo Stadio Olimpico di Roma, scrivendo una pagina di storia e rappresentando un simbolo di unione e integrazione. È stato difficile, per te, cantare su quel palco, essendo consapevole dell’importanza di quell’esibizione, non solo per la tua carriera ma anche per tutte le persone che stavi rappresentando? A chi, o cosa, hai dedicato una performance così speciale?

Quando mi hanno chiesto di cantare alla Finale Coppa Italia, mi sono sentito onorato. È stato a dir poco emozionante, dato che volevo ricambiare tutto l’amore e il sostegno che l’Italia mi ha dato nel corso degli ultimi due anni. In ogni caso, seguo una regola molto rigida: quando canto, deve venire dal cuore. Quel giorno il mio cuore era molto pesante, per via di tutte le sedute vuote dello stadio e le vite che sono state perse negli ultimi mesi a causa del COVID-19. Per non parlare poi delle vite perse a causa dell’ingiustizia che le persone del mio colore di pelle devono affrontare ogni singolo giorno. Sulle mie spalle c’era un peso enorme, ma sentivo di dovermi battere per ciò in cui credo. Questa performance è stata una delle prime nelle quali non ho cantato per me stesso, ma per l’umanità. Infatti, l’ho dedicata all’amore, alla pace e all’armonia. Ciò detto, so che non ci può essere pace senza giustizia, e credo che sia arrivato il momento di farci sentire. Del resto, non c’è un momento giusto o sbagliato per farlo, fintantoché viene dal cuore. Io rappresento le persone che non sono più in grado di rappresentare loro stesse, le persone che sentono di non interessare a nessuno o che non hanno mai avuto qualcuno che le supportasse. In definitiva, rappresento l’amore.

Parliamo di moda. Come definiresti il tuo stile? Pensi che il tuo approccio alla moda sia cambiato da quando hai iniziato a lavorare nel mondo della musica?

Descriverei il mio stile come ‘mixed’: un po’ di cultura americana infusa con un po’ di stile europeo. Sicuramente il mio approccio alla moda è cambiato da quando lavoro nell’ambito della musica, dato che ora faccio molta più attenzione ai dettagli (prima, indossavo qualsiasi cosa mi facesse sentire a mio agio).

Proseguendo con questo argomento, qual è l’importanza dell’immagine e dello stile personale nel tuo progetto musicale?

Credo che si debba trovare il modo di esprimersi in ogni situazione. Quindi, nell’era dei social media, penso sia importante mostrarsi per ciò che si è veramente attraverso il proprio stile, aprendo una finestra sul proprio io interiore.

Ora, parliamo di social network. Avverti un senso di responsabilità nei confronti dei tuoi 550 mila follower? Nelle ultime settimane, Instagram si è riempito di messaggi di solidarietà alla comunità afroamericana, pensi che i social rappresentino uno strumento efficace nella lotta contro la discriminazione?

Sì, certo. Avendo un seguito così ampio, sento una grande responsabilità. Credo la mia piattaforma debba promuovere l’amore, la pace e l’armonia. Inoltre, penso che debba essere usata per affrontare determinate tematiche quando c’è una ragione per farlo, e non quando si tratta soltanto di un trend. Credo i social network offrano delle opportunità che i media tradizionali sono, forse, troppo spaventati di mostrare. Secondo me, i social dovrebbero essere usati, in maniera positiva, per aiutare cause importanti, così come ‘Black Lives Matter’ sta aiutando nella lotta contro la discriminazione. Ora, abbiamo gli strumenti necessari per far sì che il futuro sia un posto migliore.

Nonostante il tuo grande successo, hai rimorsi o rimpianti? Quale consiglio daresti al ragazzo che eri a 15 anni?

Il mio solo e unico rimpianto è il non aver iniziato prima ad ascoltarmi. Quello che voglio dire è che mi piacerebbe che il ragazzo che ero un tempo non avesse paura di fare determinate cose e raggiungere i suoi obiettivi. Per esempio, amo la musica da sempre, ma avevo paura a esprimermi a pieno in questo ambito, perché ero troppo timido e spaventato dall’idea di non essere abbastanza cool. Il consiglio che darei al ragazzo che ero a 15 anni è di…BUTTARSI! Non avere paura, e buttati!

Continuando su questa linea, hai un qualche consiglio per tutti coloro i quali sono vittime di bullismo per via del loro orientamento sessuale, della loro forma fisica o del colore della loro pelle?

Il mio consiglio per tutti coloro i quali sono vittime di bullismo è di realizzare che non siete soli. Siete forti e belli, non permettete a nessuno di abbattervi. Amatevi a prescindere dal vostro sesso, dalla vostra forma fisica e dal colore della vostra pelle. Siete speciali e fatti d’oro, non consentite a nessuno di cambiare il vostro vero colore. Il mondo proverà ad abbattervi, ma dovete tenere duro e continuare ad amare. Troverete persone che vi amano per quello che siete, date tempo al tempo. Trattate gli altri come volete essere trattati: se il vostro bullo o nemico vi dice qualcosa di brutto, rispondetegli: ‘Ok, ti voglio bene’!

Esprimi un desiderio!

Desidero amore, pace e felicità per tutti e, quando dico tutti, parlo sul serio (Sorride, N.d.R.).

Nell’era dei social media, penso sia importante mostrarsi per ciò che si è veramente attraverso il proprio stile, aprendo una finestra sul proprio io interiore.