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Intervista

Marco Assaggia

Marco Corradi, in arte Marco Assaggia, è il personal chef da 15,2 mila follower su Instagram che ha conquistato gli amanti della moda (e non solo) con le sue divise a dir poco eccentriche. Continua a leggere per conoscerlo da vicino!

Come si legge nella tua biografia su Instagram, tua madre ti ha trasmesso l’amore per la cucina. Cosa hai preso, invece, da tuo padre?

Mio padre e io siamo molto diversi. Per troppi anni, non ci siamo capiti. Ora abbiamo un rapporto bellissimo: ci siamo ritrovati e, qualche volta, lo porto anche con me agli eventi. Vederlo orgoglioso è impagabile. Ognuno ama a suo modo e, se anche non è sempre come vorresti essere amato, questo non vuol dire che quell’amore sia meno importante. Ecco, questo è stato il suo più grande insegnamento.

La mia cucina è molto tradizionale. Consistenze e sapori sono pieni ed avvolgenti, e sul piano visivo m’ispiro al movimento surrealista e allo stile massimalista degli anni 70 e 80.

Marco Assaggia

Prima d’intraprendere la carriera di personal chef, hai vissuto in diversi paesi del mondo. Cos’hai portato di queste particolari esperienze nella tua cucina?

Le ricordo come bellissime esperienze di vita, ma a livello gastronomico è stato piuttosto traumatico. Soprattutto a Londra, dove ho passato la maggior parte del tempo. Sono infatti devoto alla cucina italiana.

Ti sei fatto conoscere e apprezzare tanto per la tua proposta culinaria quanto per i tuoi look eccentrici, che hanno, per così dire, abbattuto lo stereotipo dello chef impettito. In che modo descriveresti il tuo rapporto con la moda?

La moda mi diverte molto nella sua forma piu libera da canoni e diktat. Visivamente, credo si abbini perfettamente alla cucina e dia ampio spazio alla creatività. Inoltre, da bravo dislessico, ho imparato a fare mio ogni canale espressivo che non sia l’eloquio.

Marco Assaggia è lo chef dallo stile anticonformista che tutti conosciamo, ma cosa ci puoi dire a proposito di Marco Corradi e della sua vita a Mantova?

Faccio una vita tranquilla. Mi piace passare il tempo libero coi miei affetti: incontrando molta gente per lavoro, nel privato rasento la sociopatia (ride, ndr)!

Prima d’intraprendere la carriera di personal chef, hai vissuto in diversi paesi del mondo. Cos’hai portato di queste particolari esperienze nella tua cucina?

Le ricordo come bellissime esperienze di vita, ma a livello gastronomico è stato piuttosto traumatico. Soprattutto a Londra, dove ho passato la maggior parte del tempo. Sono infatti devoto alla cucina italiana.

Ti sei fatto conoscere e apprezzare tanto per la tua proposta culinaria quanto per i tuoi look eccentrici, che hanno, per così dire, abbattuto lo stereotipo dello chef impettito. In che modo descriveresti il tuo rapporto con la moda?

La moda mi diverte molto nella sua forma piu libera da canoni e diktat. Visivamente, credo si abbini perfettamente alla cucina e dia ampio spazio alla creatività. Inoltre, da bravo dislessico, ho imparato a fare mio ogni canale espressivo che non sia l’eloquio.

Marco Assaggia è lo chef dallo stile anticonformista che tutti conosciamo, ma cosa ci puoi dire a proposito di Marco Corradi e della sua vita a Mantova?

Faccio una vita tranquilla. Mi piace passare il tempo libero coi miei affetti: incontrando molta gente per lavoro, nel privato rasento la sociopatia (ride, ndr)!

La moda mi diverte molto nella sua forma piu libera da canoni e diktat. Visivamente, credo si abbini perfettamente alla cucina e dia ampio spazio alla creatività.

Tornando alla cucina, i tuoi piatti si mangiano, innanzitutto, con gli occhi. Cosa risponderesti a tutti coloro i quali sostengono che nella cucina contemporanea la forma abbia preso il sopravvento sulla sostanza?

Risponderei dicendo che non hanno tutti i torti! La mia cucina è molto tradizionale. Consistenze e sapori sono pieni e avvolgenti, e sul piano visivo m’ispiro al movimento surrealista e allo stile massimalista degli anni 70 e 80. I miei piatti sono, quindi, molto lontani da ciò che viene considerato avanguardista dalle istituzioni gastronomiche. Credo la mia modernità stia proprio in questo.

Nel preparare la tavola, ami creare una mescolanza di colori, stili e servizi di piatti. Tra questi ultimi, c’è un oggetto al quale sei particolarmente legato

Un antico servizio Ginori che raffigura un’aragosta. Quel servizio racchiude l’essenza delle tavole di Salvador Dalì!

*Credits:

Photo 01: Federica Bottoli
Photo Strip: Courtesy of Ginori 1735*

Tornando alla cucina, i tuoi piatti si mangiano, innanzitutto, con gli occhi. Cosa risponderesti a tutti coloro i quali sostengono che nella cucina contemporanea la forma abbia preso il sopravvento sulla sostanza?

Risponderei dicendo che non hanno tutti i torti! La mia cucina è molto tradizionale. Consistenze e sapori sono pieni e avvolgenti, e sul piano visivo m’ispiro al movimento surrealista e allo stile massimalista degli anni 70 e 80. I miei piatti sono, quindi, molto lontani da ciò che viene considerato avanguardista dalle istituzioni gastronomiche. Credo la mia modernità stia proprio in questo.

Nel preparare la tavola, ami creare una mescolanza di colori, stili e servizi di piatti. Tra questi ultimi, c’è un oggetto al quale sei particolarmente legato

Un antico servizio Ginori che raffigura un’aragosta. Quel servizio racchiude l’essenza delle tavole di Salvador Dalì!

Credits: Photo 01: Federica Bottoli , Photo Strip: Courtesy of Ginori 1735