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Intervista

Luisa Bertoldo

Non è solo la mamma di Giovanna e compagna dell’eclettico personaggio televisivo Francesco Mandelli, ma anche la fondatrice di una delle principali agenzie di comunicazione milanesi. In questa intervista esclusiva, Luisa Bertoldo ci parla di Design, ambito dal quale è partita e al quale è particolarmente affezionata, e in particolare dei progetti visti all’ultima edizione del ‘Salone del Mobile’.

Innanzitutto, ci racconteresti il percorso che ti ha portato a essere la fondatrice di una delle principali agenzie di comunicazione milanesi?

Penso che il mio percorso sia iniziato a 14 o 15 anni, quando affrontai i primi lavori in parallelo agli studi. Lavori semplici, ma che richiedevano organizzazione, costanza e capacità relazionali. Ancor prima dei miei studi, queste esperienze mi hanno formato, dandomi un metodo che ritengo possa essere applicato a qualsiasi lavoro. Ancora oggi, quando leggo un curriculum, cerco di capire se la persona davanti a me abbia avuto un’educazione di questo tipo. A questo approccio, si è aggiunta la necessità di fare qualcosa di nuovo e interessante, in primis per me, per le persone con cui lavoro e per chi segue con interesse i nostri progetti. Per questa ragione, 10 anni fa ho aperto la mia, allora piccolissima, agenzia di comunicazione all’interno di uno spazio condiviso. Da allora, anno dopo anno, tutto è cresciuto: dagli spazi alle persone. Ogni giorno, ci dedichiamo a costruire e ricostruire nuovi percorsi, con l’obiettivo di essere sempre entusiasti del nostro lavoro.

Credo la ‘Design Week’ sia, per la città di Milano, la settimana più interessante, la prima vera festa di primavera! Con installazioni e progetti affascinanti, amici da tutto il mondo che si incontrano in ogni angolo della città e bellissimi oggetti dei quali vorrei circondarmi.

Ciò detto, qual è la tua routine quotidiana? A quali attività ti dedichi solitamente?

La mia giornata è divisa in due ‘mondi’: da una parte, la mia famiglia e i miei affetti e, dall’altra, il mio lavoro. Per quanto sia una mia passione, ho deciso, da qualche anno a questa parte, di dedicare uno spazio ben preciso al mio lavoro, senza così avere interferenze telefoniche o di altro tipo nella mia vita privata. Questo ha migliorato anche la produttività e la qualità dei progetti. Ciò detto, mi sveglio presto, se riesco mi dedico a una mini attività sportiva, faccio colazione con tutta la famiglia e poi…corsa all’asilo e in studio, dove ogni giorno mi attende una nuova esperienza: brainstorming con il team, appuntamenti con i clienti, viaggi stampa, appuntamenti di ricerca o esplorazione, sopralluoghi a varie produzioni fotografiche, eventi o allestimenti e, ogni tanto, qualche ora di pace nel mio ufficio, a leggere e-mail e studiare qualche cosa di nuovo. Poi, dato che abbiamo scelto di non avere una tata, tutti i giorni corro dalla mia bambina e dal mio compagno non appena posso e riesco a liberarmi.

Essendo a capo di un’agenzia di pubbliche relazioni che si occupa di numerosi marchi nell’ambito dell’interior design, come descriveresti Milano in occasione del ‘Salone del Mobile’?

Pur occupandomi anche di moda e food, il design è l’ambito dal quale sono partita e al quale sono particolarmente affezionata. Credo la ‘Design Week’ sia, per la città di Milano, la settimana più interessante, la prima vera festa di primavera! Con installazioni e progetti affascinanti, amici da tutto il mondo che si incontrano in ogni angolo della città e bellissimi oggetti dei quali vorrei circondarmi. Tutto il nostro staff è molto impegnato con eventi e presentazioni, ma cerchiamo di chiudere la Design Week con un aperitivo, dove brindare e festeggiare ‘in famiglia’.

Quali sono i tuoi luoghi del cuore a Milano?

Parlando di Design, penso immediatamente al Bar Basso, una vera e propria istituzione, che si trova, per altro, fra casa e ufficio: è sempre un piacere fare due chiacchiere e prendere un aperitivo con il proprietario Maurizio. Colazione da ‘Liviana’ in Via Hayez, il miglior kefir in città nel tipico bar-sport milanese. A pranzo da ‘28posti', dove lo chef Marco Ambrosino riesce ogni volta a incuriosirmi con le sue creazioni e a cena da ‘Vasiliki Kouzina’, un ristorante greco come non lo si è mai visto, o da ‘Masuelli’, la tipica trattoria milanese. Casa Corbellini-Wassermann, oggi Galleria Massimo De Carlo, è da visitare, come il Museo civico di Storia Naturale e il parco Indro Montanelli. Mi piacciono anche i parchetti di Via Morgagni, con i giocatori di bocce e quelli di scacchi. Di certo, il mio quartiere preferito è Città Studi, con i suoi incredibili palazzi: dal Cremlino al Politecnico e ai grandi viali alberati, che sono perfetti da percorrere in bicicletta.

Tornando alla mia domanda precedente, quali sono gli eventi che ricordi come i più imperdibili del ‘Fuorisalone’?

Le cose viste sono tante. Mi sono recata nelle sedi di Alcova per incontrare dei giovani creativi, come lo studio Flatting e gli italo-giapponesi Nanban. Ho poi visto il design nordico di &Tradition alla ‘Design Republic Gallery’ di Piazza Tricolore. Ho fatto un salto, in zona Tortona, alla ‘Stationery Porn’ di Write Sketch & e, in Via Pastrengo (zona Isola), per vedere la ‘colab’ fra Pijama e lo studio creativo La Tigre. Poi, il Museo della Scienza e della Tecnica con Rossana Orlandi e il suo ‘Guiltlessplastic’, dove ho inoltre visto molte installazioni legate al tema: una fra tutte, l’opera-arazzo realizzata dalla manifattura Bonotto insieme al designer Jayme Hayon. Sono infine passata da Piazza XXV Aprile, dove Eataly, in collaborazione con Davide Colaci e il Politecnico di Milano, ha creato un vero prato fiorito, nel quale potersi rilassare ammirando fiori e piante.

Quali sono i tuoi primi ricordi legati a Milano?

Il mio primo ricordo è una foto che mi ritrae a 5 anni, con indosso un cappotto rosso, davanti al Duomo di Milano (ricordo che avevo accompagnato mio padre in un viaggio di lavoro). Poi, per quanto sia tornata molte volte a Milano, i miei pensieri vanno direttamente a 10 o 11 ani fa, quando ho aperto la mia agenzia in questa città. Ricordo la bellezza nello scoprire, ogni settimana, zone nuove e così diverse: dai Navigli a Porta Venezia. I tanti locali con concerti (oggi, quasi tutti scomparsi) e, come sempre, le prime esplorazioni in bicicletta, il mezzo ideale con il quale mi sposto in città.

Luisa, qual è il tuo look da ‘Salone del Mobile’? Hai un qualche consiglio di stile per distinguersi, emergendo così dalla massa?

Il mio look è sempre ‘forte’, ma comunque pratico (dato che si lavora dall’alba a notte fonda). Banditi i tacchi alti di giorno; benvenuti gli abiti grandi, le camicie, i pantaloni ampi e a vita alta, le borse piccole e i trench con tasche capienti…e molto colore, che nel mio guardaroba è il protagonista indiscusso!

E cosa suggeriresti a chi ha in programma di visitare Milano per la prima volta?

Per quanto riguarda il design, consiglierei di concentrarsi unicamente su alcune zone, come il Brera Design District, 5 vie e Alcova, e alternarle a luoghi iconici: dal Duomo ai Navigli.

Tornando al ‘Salone del Mobile’, se potessi cambiare qualcosa, cosa vorresti cambiare della sua organizzazione

Se parliamo di fiera o Fuorisalone, la difficoltà consiste nella grande quantità di eventi ed espositori, di cui una parte non è di valore e spesso è slegata dal mondo del design. Potendo intervenire, si dovrebbe avere una selezione a monte per concedere uno spazio pubblico e privato, dove ogni progetto rispetti caratteristiche quali la qualità e l’attinenza. È difficile farlo, perché si cerca sempre un ritorno economico, ma io credo si possano educare sia le aziende che le persone a creare racconti di valore, senza con questo dover togliere il guadagno. ‘Brera Design District’, pur essendo nato successivamente ad altri distretti, è oggi tra i più curati e ha fin da subito cercato di lavorare in questo senso.

Infine, cosa ti auguri per il futuro di questa manifestazione?

Mi auguro mantenga il primato di settimana internazionale del design, come oggi è conosciuta, e i fruitori di questa manifestazione siano i primi a premiare i progetti di valore. Penso sia un esempio di come, in Italia, si possa dare poesia e contenuti a un racconto e di come le persone di tutto il mondo riconoscano questo alla città di Milano. Per questa ragione, dovremmo andare fieri di questi risultati e usarli come esempio positivo della forza e creatività italiana.