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Intervista

Luca Font

’S’indaga sempre il motivo per cui fare qualcosa, quando bisognerebbe chiedersi se c’è una ragione per la quale non farlo’. Queste, le parole di uno dei grandi tatuatori italiani, Luca Font. Con il suo tratto deciso, da Bergamo alla capitale meneghina, Luca ha lasciato il segno, facendosi conoscere e apprezzare. Scopriamo insieme cosa si nasconde dietro ai colori accesi delle sue opere d’arte!

Innanzitutto, qual è stato il tuo primo approccio con il mondo dei tatuaggi?

Come spesso accade in queste occasioni, ho semplicemente iniziato facendomi tatuare. Dopo qualche anno, il tutto ha preso una piega inaspettata e quella che in origine era semplice curiosità si è trasformata in un’occupazione a tempo pieno.

Luca Font

Ho semplicemente iniziato facendomi tatuare. Dopo qualche anno, il tutto ha preso una piega inaspettata e quella che in origine era semplice curiosità si è trasformata in un’occupazione a tempo pieno.

Luca, in che modo descriveresti il tuo stile?

Ho sempre trovato questa domanda…difficile. Rapportato alla mia provenienza culturale, geografica e cronologica, mi sento di definirlo – in un certo qual modo – ‘tradizionale’.

Ciò detto, qual è stata l’esperienza più importante della tua carriera?

Fare il primo tatuaggio!

Quali sono le tue fonti d’ispirazione? C’è un artista il cui lavoro rappresenta un punto di riferimento?

Siamo talmente bombardati da stimoli e immagini che è impossibile prendere come punto di riferimento una sola e unica fonte di ispirazione…

Cosa non tatueresti mai? E chi avresti sempre voluto tatuare?

Cerco di tenermi alla larga dai contenuti negativi, mi sembrano un modo preadolescenziale per farsi notare.

Forse non tutti sanno che un tempo eri un writer, cosa ricordi ancora di quei giorni?

Le mani sporche, i vestiti macchiati e il costante senso di esplorazione.

Sei nato e cresciuto a Bergamo, ma vivi a Milano. Cosa ti piace in modo particolare della capitale meneghina? Cosa ti manca, invece, della ‘vita di provincia’?

A Milano, anche solo per 'rimanere a galla’, ci si deve impegnare: è tanto stimolante quanto faticoso. In ogni caso, chi l’ha detto che quella meneghina non è vita di provincia?

Se potessi, cosa vorresti cambiare della scena creativa italiana?

Niente, siamo belli così!

Con oltre 800 post e 80 mila follower su Instagram, il tuo è un seguito a dir poco notevole. I social network hanno, per così dire, contribuito al raggiungimento dei tuoi obiettivi?

Allo stato attuale, sono l’unico strumento lavorativo possibile. Quindi, direi di sì.

Nonostante il tuo grande successo, hai rimorsi o rimpianti?

Certo, si può sempre fare di meglio.

Hai un consiglio per i giovani artisti che vogliono intraprendere un percorso di questa tipologia?

Fate di testa vostra!

E un sogno per il futuro?

Completare il videogioco ‘Cuphead’, ma credo sia difficile riuscirci.

Infine, ti piacerebbe intraprendere una collaborazione con un marchio di abbigliamento?

Sì, ma con un marchio di maglieria!

A Milano, anche solo per 'rimanere a galla’, ci si deve impegnare: è tanto stimolante quanto faticoso. In ogni caso, chi l’ha detto che quella meneghina non è vita di provincia?