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Intervista

Lina Galore

Lina Galore è una delle drag più conosciute e originali della scena queer di Milano. La sua testa non è solo ricoperta da bellissime parrucche, ma è anche ricca di idee e pensieri atti a migliorare il nostro mondo e la nostra società. Scopri di più leggendo la nostra esclusiva intervista realizzata durante il mese del pride.

Ciao Lina, ci racconti un po’ chi sei e come nasce il tuo personaggio?

Ogni volta che mi chiedono di descrivermi rispondo sempre “Lina è la versione pin-up delle villain dei cartoni animati”. Per quanto è affilata e pungente, infatti, in teoria dovresti odiarla, ma finisci per innamorarti della sua vanità, della sua megalomania e della sua goffaggine. È successo così anche a me in prima persona! Mi piace pensarmi come a una comica troppo bella per non fare la modella e a una modella troppo simpatica per non fare la comica. Mi piace la poesia, la letteratura, il cinema e la musica revival che, a proposito, centra anche con la nascita del mio personaggio. Per la mia prima volta in drag, infatti, io e la mia drag mother Sissy Galore ci siamo travestite rispettivamente da Sabrina Salerno e Jo Squillo per una festa a tema Sanremo. Ero un disastro, ma l’energia e la confidence che mi ha dato quell’esperienza ha fatto esplodere la mia passione per quest’arte.

Festeggiamo il pride nella speranza che la gioia della parata, della condivisione e della rappresentazione si traduca un giorno in soddisfazione per aver finalmente fatto qualche passo avanti, ora che invece le nostre famiglie, i nostri amori e la nostra incolumità vengono spogliati sempre di più.

Ci spieghi come nasce la scelta del nome di Lina Galore?

Galore è un drag family name, ereditato appunto dalla mia drag mother nonché ex storico fidanzato Sissy, e significa “assai, a bizzeffe, in abbondanza”. Lina viene da Lina Sastri, attrice e cantautrice napoletana, il cui volto mi ha folgorato la prima volta che l’ho vista in “Natale in Casa Cupiello” di De Filippo, un film che ha un grande significato per me e per la mia famiglia. Interpretava una giovane donna schiacciata dal peso delle scelte compiute per compiacere gli altri e le loro aspettative su di lei, che a un certo punto però non riesce più a resistere alla sue passioni. Super relatable per me, dottoressa in giurisprudenza che di fare l’avvocato proprio non vuole saperne. Il personaggio del film si chiama Ninuccia, ma come nome sarebbe stato troppo hardcore persino per me.

Chi è la tua fonte d’ispirazione principale?

È impossibile riassumere le mie ispirazioni in un unico personaggio. Attingo da tutto ciò che è sensuale ma disinvolto, cattivo ma non scontato, divertente ma pulito. Sul piano estetico e visivo, l’universo delle dive di ere passate, quello delle pin-up, quello delle showgirl d’altri tempi sono sicuramente un grande punto di riferimento per me, così come i personaggi femminili dei cartoni animati. Insomma l’elenco di ispirazioni sarebbe davvero sterminato, faccio una summa esemplificativa ma affatto esaustiva: la principessa Mombi di “Ritorno ad Oz”, Anna Marchesini, le varie femme fatale dell’universo dei Monty Python, Goldie Pheasant di “Eddie e la banda del sole luminoso”, Goldie Hawn in praticamente tutto quello che ha fatto…

Siamo nel mese del pride, perché è ancora così fondamentale celebrare e festeggiare questo momento per la comunità LGBTQ+?

È bellissimo che ciò che sia nato come autentico atto di manifestazione politica (la prima volta fu un’autentica rivolta) oggi è concepito come una festa. Non c’è modo migliore di manifestare o protestare che festeggiando, in quanto sono proprio i sorrisi della folla festante ad essere a rischio oggi in Italia. Festeggiamo la possibilità di mostrarci, di farci vedere, di urlare a chi è seduto sulle poltrone del potere che noi esistiamo e meritiamo di sorridere come tutti gli altri. Festeggiamo il pride nella speranza che la gioia della parata, della condivisione e della rappresentazione si traduca un giorno in soddisfazione per aver finalmente fatto qualche passo avanti, ora che invece le nostre famiglie, i nostri amori e la nostra incolumità vengono spogliati sempre di più.

Ci spieghi come nasce la scelta del nome di Lina Galore?

Galore è un drag family name, ereditato appunto dalla mia drag mother nonché ex storico fidanzato Sissy, e significa “assai, a bizzeffe, in abbondanza”. Lina viene da Lina Sastri, attrice e cantautrice napoletana, il cui volto mi ha folgorato la prima volta che l’ho vista in “Natale in Casa Cupiello” di De Filippo, un film che ha un grande significato per me e per la mia famiglia. Interpretava una giovane donna schiacciata dal peso delle scelte compiute per compiacere gli altri e le loro aspettative su di lei, che a un certo punto però non riesce più a resistere alla sue passioni. Super relatable per me, dottoressa in giurisprudenza che di fare l’avvocato proprio non vuole saperne. Il personaggio del film si chiama Ninuccia, ma come nome sarebbe stato troppo hardcore persino per me.

Chi è la tua fonte d’ispirazione principale?

È impossibile riassumere le mie ispirazioni in un unico personaggio. Attingo da tutto ciò che è sensuale ma disinvolto, cattivo ma non scontato, divertente ma pulito. Sul piano estetico e visivo, l’universo delle dive di ere passate, quello delle pin-up, quello delle showgirl d’altri tempi sono sicuramente un grande punto di riferimento per me, così come i personaggi femminili dei cartoni animati. Insomma l’elenco di ispirazioni sarebbe davvero sterminato, faccio una summa esemplificativa ma affatto esaustiva: la principessa Mombi di “Ritorno ad Oz”, Anna Marchesini, le varie femme fatale dell’universo dei Monty Python, Goldie Pheasant di “Eddie e la banda del sole luminoso”, Goldie Hawn in praticamente tutto quello che ha fatto…

Siamo nel mese del pride, perché è ancora così fondamentale celebrare e festeggiare questo momento per la comunità LGBTQ+?

È bellissimo che ciò che sia nato come autentico atto di manifestazione politica (la prima volta fu un’autentica rivolta) oggi è concepito come una festa. Non c’è modo migliore di manifestare o protestare che festeggiando, in quanto sono proprio i sorrisi della folla festante ad essere a rischio oggi in Italia. Festeggiamo la possibilità di mostrarci, di farci vedere, di urlare a chi è seduto sulle poltrone del potere che noi esistiamo e meritiamo di sorridere come tutti gli altri. Festeggiamo il pride nella speranza che la gioia della parata, della condivisione e della rappresentazione si traduca un giorno in soddisfazione per aver finalmente fatto qualche passo avanti, ora che invece le nostre famiglie, i nostri amori e la nostra incolumità vengono spogliati sempre di più.

Hai mai subito atti di bullismo?

Non mi è mai capitato di subire bullismo tout court, in tutta franchezza. Ho una enorme, chiamiamola così, “fortuna”: quando non vesto i panni di Lina sono un ragazzo abbastanza mascolino, sia nei modi che nell’aspetto, cosa che in una società machista ed etero normata rappresenta un vantaggio naturale. A parte qualche battuta da parte dei compagni d’infanzia quando scoprivano che adoravo giocare con le barbie, non sono mai stato aggredito, insultato o schernito per la mia sessualità o per il mio aspetto. Detesto pensare a questa mia caratteristica come ad una “fortuna”, perché dovrebbe sentirsi sicuro e protetto anche chi parla in falsetto e mette i crop top (adoro!).

Che consiglio daresti a una giovane drag per iniziare anche lei questa carriera?

I greci dicevano “gnōthi sautón”, conosci te stesso. Fai ricerca, capisci cosa ti piace ma soprattutto cosa rappresenta a pieno il messaggio che vuoi trasmettere, fosse anche solo attraverso il make-up o un abitino. Sii te stessə, non rubare idee agli altri, sperimenta più che puoi ma, soprattutto, divertiti!

Ti ricordi il primo pride a cui hai partecipato? E quale è stato il più bello?

Credo che il primo pride a cui io abbia preso parte fosse il pride di Milano nel 2017, in drag. Ricordo che ero un guaio che colava a picco sotto il sole, nonostante un look Vivienne Westwood niente male, e che i miei piedi non mi hanno mai perdonato per aver deciso di partecipare al primo pride sui tacchi. Ero insieme a un sacco di altre amiche in drag, è stato davvero emozionante condividere con loro quella prima volta. Il pride più bello a cui io abbia partecipato, però, è stato quello de La Spezia del 2022. È stato il primissimo storico pride della città, una città politicamente difficile, e le associazioni che hanno organizzato il tutto hanno scelto me come madrina. È stato uno degli onori più grandi che abbia ricevuto in vita mia (e sono stata nominata dottoressa in giurisprudenza dal rettore della Bocconi, capiamoci). I sorrisi, le risate, gli abbracci, la musica a palla e pure le occhiatacce degli omofobi al balcone… non dimenticherò mai nulla di quel giorno stupendo.

Ultima domanda: il tuo motto?

Semplice, evocativo, surreale. Il mio motto è composto da una sola parola: “ARTE”.

Hai mai subito atti di bullismo?

Non mi è mai capitato di subire bullismo tout court, in tutta franchezza. Ho una enorme, chiamiamola così, “fortuna”: quando non vesto i panni di Lina sono un ragazzo abbastanza mascolino, sia nei modi che nell’aspetto, cosa che in una società machista ed etero normata rappresenta un vantaggio naturale. A parte qualche battuta da parte dei compagni d’infanzia quando scoprivano che adoravo giocare con le barbie, non sono mai stato aggredito, insultato o schernito per la mia sessualità o per il mio aspetto. Detesto pensare a questa mia caratteristica come ad una “fortuna”, perché dovrebbe sentirsi sicuro e protetto anche chi parla in falsetto e mette i crop top (adoro!).

Che consiglio daresti a una giovane drag per iniziare anche lei questa carriera?

I greci dicevano “gnōthi sautón”, conosci te stesso. Fai ricerca, capisci cosa ti piace ma soprattutto cosa rappresenta a pieno il messaggio che vuoi trasmettere, fosse anche solo attraverso il make-up o un abitino. Sii te stessə, non rubare idee agli altri, sperimenta più che puoi ma, soprattutto, divertiti!

Ti ricordi il primo pride a cui hai partecipato? E quale è stato il più bello?

Credo che il primo pride a cui io abbia preso parte fosse il pride di Milano nel 2017, in drag. Ricordo che ero un guaio che colava a picco sotto il sole, nonostante un look Vivienne Westwood niente male, e che i miei piedi non mi hanno mai perdonato per aver deciso di partecipare al primo pride sui tacchi. Ero insieme a un sacco di altre amiche in drag, è stato davvero emozionante condividere con loro quella prima volta. Il pride più bello a cui io abbia partecipato, però, è stato quello de La Spezia del 2022. È stato il primissimo storico pride della città, una città politicamente difficile, e le associazioni che hanno organizzato il tutto hanno scelto me come madrina. È stato uno degli onori più grandi che abbia ricevuto in vita mia (e sono stata nominata dottoressa in giurisprudenza dal rettore della Bocconi, capiamoci). I sorrisi, le risate, gli abbracci, la musica a palla e pure le occhiatacce degli omofobi al balcone… non dimenticherò mai nulla di quel giorno stupendo.

Ultima domanda: il tuo motto?

Semplice, evocativo, surreale. Il mio motto è composto da una sola parola: “ARTE”.