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Intervista

Joel Moore

Il Pride di quest’anno è stato cancellato in tutto il mondo a causa del COVID-19, ma questo non impedirà al protagonista di quest’intervista e al suo fidanzato di festeggiare nel comfort della loro casa. I tempi possono, infatti, essere cambiati, ma questo blogger divertente, genuino e con i piedi per terra continua ad andare avanti, mettendo la propria voce al servizio della comunità afro-americana e di quella LGBTQ+. È così che ha creato uno spazio nel quale i suoi follower possono informarsi a proposito di queste importanti tematiche. Se volete saperne di più sul conto di Joel Moore, l’intervistato della settimana su TheCornerZine, continuate a leggere!

Innanzitutto, guidami attraverso la tua esperienza nel mondo dei blog. Quando, dove e come è iniziata?

Ho aperto il mio blog nel 2012, ma in realtà ho iniziato a prenderlo seriamente nel 2013. Tutto è iniziato dopo il mio primo anno di college. Sono tornato nella mia città natale, a Raleigh in Carolina del Nord, per l’estate e ho ripreso a fare il lavoro che facevo alle superiori (Journeys Kidz). L’ho fatto solo per mettere da parte un po’ di soldi, prima di tornare a New York City in autunno. Ho persino iniziato a lavorare da Forever 21, dato che vivere a New York City non è affatto economico! Quindi, che lavorassi da Forever 21 o Journeys Kidz, il momento clou delle mie giornate era quello in cui mi vestivo per andare al lavoro. I miei genitori hanno iniziato a notare che il mio stile era cambiato e ad aiutarmi a scattare delle fotografie. Non sapevano che pubblicavo quelle foto su Instagram, ottenendo un incredibile riscontro! È in quel momento che ho deciso di raccontare il perché mi vesto nel modo in cui mi vesto, o cosa mi ispira. Così è nato il mio blog, “Moore His Style”.

Joel Moore

In futuro, mi piacerebbe collaborare con un grande retailer alla creazione di una linea unisex ed eco-friendly.

Immaginavi che saresti stato in grado di farne una carriera? Cosa sognavi di essere da bambino?

Non ho mai pensato che avrei fatto del “blogging” una carriera. Nel 2013, i social media non avevano ancora preso piede. Infatti, anche se la gente aveva Instagram, non lo capiva a pieno. Quando le aziende hanno iniziato a contattarmi, ero senza parole! Ricordo ancora quando ho fatto la mia prima campagna social con Old Spice. Probabilmente, all’epoca avevo meno di 1,000 iscritti al mio blog e 5,000 follower su Instagram. A loro piacevano i contenuti che stavo creando e volevano che promuovessi la loro nuova fragranza. Quindi, me l’hanno inviata e, una volta che il contenuto è stato creato, mi hanno pagato. Se ricordo bene, ho guadagnato intorno ai 300$ per un post. Ero così emozionato, che non ho nemmeno contrattato…non potevo credere che fosse vero! In ogni caso, per quanto io abbia sempre amato la moda, non ho mai pensato che avrebbe fatto parte della mia vita lavorativa. Ho sempre voluto essere un attore di Broadway o della televisione, tanto è vero che ho frequentato dei corsi di recitazione sia alla scuola media che alle superiori.

Joel, sei originario del Sud e, più nello specifico, di Raleigh (Carolina del Nord). In che modo ti hanno influenzato le tue origini? Sei ancora legato alla tua città natale, e la tua famiglia vive ancora a Raleigh?

Ho amato crescere in Carolina del Nord. Ancora oggi, quando vado a trovare la mia famiglia e alcuni amici che vivono ancora lì, mi diverto moltissimo! Infatti, non sono contrario all’idea di tornare a vivere a Raleigh e mettere su famiglia. La città è in continua espansione, c’è così tanta varietà a Raleigh: che si voglia andare al mare, in montagna, o a cavallo in campagna, lì è possibile farlo! Sarò per sempre legato a Raleigh.

Quando ho saputo che sei originario di Raleigh, ho sorriso: apprezzo come tu abbia lasciato la Carolina del Nord per farti una vita nella grande mela, dato che io ho fatto l’esatto contrario. Essendo ancora troppo giovane, non mi hanno permesso di andare al college a New York City, anche se è sempre stato uno dei miei sogni. Quindi, ho lasciato lo stato di New York e sono andata a High Point, Carolina del Nord. Dato che la mia esperienza potrebbe essere definita come uno shock culturale, sono sicura che tu possa dire lo stesso. Quindi, dimmi Joel, il tuo trasferimento a New York City è stato altrettanto scioccante?

Amo il fatto che tu sia andata via da New York. Sì, è una delle città migliori sulla faccia della terra, ma perché non rischiare, sperimentando qualcosa di nuovo? Ho conosciuto persone che sono nate e cresciute a New York City e dicono che non se ne andranno mai, ma io trovo strana l’idea di rimanere nello stesso posto per tutta la vita. La prima volta che sono stato a New York City, avevo 16 anni ed ero insieme alla mia classe di teatro. Siamo andati a Times Square e abbiamo fatto tutto quello che fanno i turisti. Quindi, in quell’occasione, non ho vissuto la vera New York City, ma sapevo già di voler andare a vivere lì. Per questa ragione, quando due anni dopo mi sono trasferito a New York City per frequentare il LIM college, non mi sono sentito del tutto come un pesce fuor d’acqua. Sono andato subito a vivere in un dormitorio, dove ho conosciuto altri ragazzi della mia età che venivano da ogni parte d’America.

Fare il blogger a New York City è favoloso, ma tutti i tuoi follower e io vorremmo sapere com’è davvero. Facci entrare nel dietro le quinte insieme a te!

La gente pensa che, quando fai il blogger, la tua vita sia favolosa 24 ore su 24, ma non è affatto così. Ovviamente ci sono periodi, come la fashion week, pieni di sfilate e feste a cui partecipare, ma in realtà è a dir poco estenuante. Ricordo ancora quando una mia amica mi è venuta a trovare a New York City durante la settimana della moda. Pensava che sarebbe stato emozionante, ma non è riuscita ad arrivare alla fine della giornata. La fashion week è l’unico momento dell’anno nel quale ho giornate davvero piene.

Accompagnami, dall’inizio alla fine, lungo il processo di creazione dei contenuti per il tuo blog e account Instagram.

Ogni volta che scatto per il mio blog o Instagram, in particolar modo se si tratta di un progetto speciale, studio il photo shoot dall’inizio alla fine. Immaginiamo che mi venga proposta una collaborazione, tutto ha inizio con quattro o cinque e-mail di negoziazione. Poi c’è un contratto, con termini e scadenze. Mentre i prodotti sono in viaggio, faccio brainstorming, pensando al dove e come voglio ritrarre i prodotti in questione. Dopo di che, c’è l’editing delle foto e l’invio di queste ultime per approvazione. È in questa fase che il brand decide se le foto devono essere riscattate o se le didascalie che le accompagnano devono essere riscritte. Purtroppo, mi è capitato di dover rifare un paio di servizi, e mi è anche successo che il progetto fosse cancellato dopo aver già scattato e inviato le foto!

Ammiro davvero molto il tuo stile fotografico, che metti in mostra sul tuo account Instagram. Chi scatta queste fotografie?

Grazie, lo apprezzo! In ogni caso, dipende da molti fattori. Da quando siamo in quarantena, il mio ragazzo ha dovuto fare un passo in avanti, ma non gli dispiace aiutarmi. Ho sempre in mente il modo in cui voglio che una particolare fotografia venga scattata, ma anche lui contribuisce, offrendo il suo punto di vista. Solitamente facciamo le foto in entrambi i modi, ma l’80% delle volte mi piace di più la sua idea. Qualche volta metto la vergogna da parte e apro il cavalletto, ma prima del COVID-19 scattavo con tre fotografi: Freddy Merizalde, Asia Minor e Mimi Abintra. Amo mescolare stili diversi nel mio feed, e loro scattano in maniera completamente diversa.

Facciamo un passo indietro. In che modo hai sviluppato il tuo stile personale? E diresti che è cambiato nel corso degli anni?

Il mio stile è diverso da come era una volta, ma al tempo stesso non è cambiato. Non so come spiegarlo. Diciamo che porto sempre avanti un’estetica costruita sul rendere indistinto il confine tra l’abbigliamento maschile e quello femminile, un’estetica che è però stata raffinata nel corso degli anni.

In questo difficile periodo trascorso in quarantena, qual è una cosa che hai imparato su te stesso o sul tuo ragazzo? E un hobby o un’attività che hai iniziato o ripreso in mano? Nel complesso, questo periodo di quarantena cosa ti ha fatto realizzare e di cosa ti ha fatto essere grato?

È difficile stare in quarantena. Non mi lamento, come un egoista, del non poter andare al bar o al ristorante (cosa che ho visto fare spesso), per me la parte più difficile è il non essere in grado di vedere i miei amici, abbracciarli e passare del tempo insieme a loro! In ogni caso, il mio fidanzato e io siamo dei pantofolai, e apprezziamo la compagnia l’uno dell’altro. Da quando siamo in quarantena, non credo ci sia mai stata una volta nella quale mi ha davvero infastidito. È divertente, perché ogni volta che abbiamo bisogno di qualcosa dal supermercato o di sbrigare una commissione, solo uno dei due esce di casa. Sono abbastanza sicuro del fatto che, a livello inconscio, sia un darsi a vicenda uno spazio per poter respirare. Nel complesso, sono davvero grato per la mia salute, i miei amici e la mia famiglia, che mi hanno aiutato a mantenere l’equilibrio con messaggi e videochiamate.

Joel, parlami della tua bio di Instagram: “Blurring the lines between menswear & womenswear” (in italiano, “Rendendo indistinto il confine tra l’abbigliamento maschile e quello femminile”, N.d.R.). Che cosa significa per te? E in che modo l’hai messa in pratica, per creare il tuo stile personale?

“Rendendo indistinto il confine tra l’abbigliamento maschile e quello femminile” è il modo in cui descriverei il mio stile personale. Amo prendere capi femminili, che dal punto di vista tecnico potrebbero essere unisex, e mescolarli a pezzi maschili. Per esempio, potrei indossare una giacca nera da donna, e abbinarla a una T-shirt da uomo stampata e un paio di pantaloni femminili. Sai quante volte ho postato una foto nella quale indossavo un paio di pantaloni da donna e un ragazzo mi ha inviato un messaggio, dicendo che non riusciva a trovarli sul sito del marchio? Ogni volta devo spiegare che ci sono, ma si trovano nella sezione donna, lasciando il ragazzo in questione senza parole e intavolando una discussione sull’inutilità delle distinzioni tra uomo e donna nella moda!

Vorrei approfondire le tematiche dell’inclusione, della moda genderless e della comunità LGBTQ+, dato che questo è il mese del Pride! (Sorride, N.d.R.) In che modo l’aver trovato questa comunità ha cambiato la tua vita in meglio?

Amo il fatto che ci prendiamo un mese per celebrare la comunità LGBTQ+! Inoltre, mi rende davvero felice che le aziende stiano usando le loro piattaforme a sostegno della comunità. Ciò detto, mi lascia senza parole il fatto che il matrimonio tra persone dello stesso sesso sia riconosciuto legalmente solo da cinque anni. In ogni caso, pochi giorni fa abbiamo scoperto che la Corte Suprema ha deliberato che, d’ora in poi, la comunità LGBTQ+ sarà protetta dal Civil Rights Act. Senza dubbio, abbiamo lottato duramente, ma c’è ancora molto lavoro da fare. Ci sono diverse organizzazioni che supportano la comunità LGBTQ+ e aiutano i giovani, come “It Gets Better Project”. Con queste organizzazioni, stiamo cambiando la storia per le generazioni future.

Toccando un tasto personale, mi racconteresti il tuo coming out, l’esperienza che hai vissuto quando ti sei sentito pronto ad aprirti con la tua famiglia e i tuoi amici?

I miei amici hanno sempre saputo che sono gay. È divertente, perché sono abbastanza sicuro che l’abbiano capito prima della mia famiglia. Per non parlare del fatto che sono il più giovane di tre figli e siamo tutti e tre gray. Quando la gente dice che l’essere gay è una scelta, le rido in faccia, perché sono l’esempio vivente di un patrimonio genetico omosessuale. Ovviamente, essendo il piccolo della famiglia, per me fare coming out non è stato tanto difficile quanto lo è stato per mio fratello o mia sorella. Penso che i miei genitori si sarebbero più sorpresi se gli avessi detto che sono eterosessuale. Nondimeno, mi amano e supportano al 100%. L’altro giorno, ho letto un tweet che diceva: “Se l’orientamento sessuale di tuo figlio sarà un problema per te, non avere figli”, e non potrei essere più d’accordo.

Da quando vivi a New York City, hai partecipato al Gay Pride? Devo dire che amo guardare questa parata, mi rende così felice vedere la gente essere davvero se stessa e celebrare la propria vita com’è giusto che sia! New York City sembra molto più felice in quei momenti! In ogni caso, come ti fa sentire questa parata celebrativa?

Quando mi sono trasferito a New York City, ho partecipato a un paio di Pride. Sfortunatamente, con il passare del tempo, mi sono accorto che l’ansia mi impedisce di assistere a eventi pubblici con grandi folle. Quindi, la mia idea di festeggiamento consiste, ora, nel postare online, supportare e fare donazioni a organizzazioni no profit LGBTQ+, e partecipare a piccoli eventi LGBTQ+ all’interno della comunità di Brooklyn.

Per chiudere questa parentesi, cosa ti piacerebbe veder succedere all’interno della comunità LGBTQ+?

Oddio, ci sono così tante cose che devono progredire all’interno della comunità LGBTQ+, ma cercherò di essere breve. La prima cosa che mi viene in mente è il rendere l’adozione più semplice per le coppie dello stesso sesso. Un’altra è il far sì che i gay possano donare il sangue. Quest’ultimo punto mi lascia senza parole: innanzitutto, come si può sapere se una persona è gay oppure no? In secondo luogo, ci sono molti uomini che si definiscono eterosessuali, ma hanno segretamente dormito con altri uomini…non vado oltre!

Essendo un blogger e un uomo di colore, hai una voce e, con 68,5 mila follower su Instagram, un pubblico che ti ascolta. Parlando delle proteste “Black Lives Matter”, come ti ha fatto sentire questa sorta di campanello d’allarme che ha coinvolto tutto il mondo? Avverti un senso di responsabilità nei confronti dei tuoi follower, il dovere di educarli e far sentire la tua voce a tale proposito?

Avverto un forte senso di responsabilità, che mi spinge a mettere la mia voce al servizio del movimento “Black Lives Matter” e di ciò che è giusto. Sui miei canali social, ho condiviso e supportato molti brand, film e canzoni che sono il risultato del lavoro di altrettante persone di colore, così come petizioni da firmare e organizzazioni alle quali fare donazioni. Ho inoltre sottolineato che non si tratta di un trend, ma di un qualcosa a cui dedicarsi 365 giorni l’anno!

Proseguendo con questo argomento, cosa pensi a proposito del modo in cui la comunità dei blogger ha risposto? Pensi che i social network siano uno strumento efficace nella lotta contro la discriminazione?

La condivisione sui social media è stata a dir poco fantastica. Ho alcuni amici blogger che mi contattano prima di condividere qualcosa, in modo da essere sicuri che l’informazione che stanno per dare sia corretta. Per me, è stato bello avere queste conversazioni aperte con i miei follower e aiutarli a capire in che modo possono supportare la comunità afro-americana.

Guardando al futuro, qual è una cosa che ti piacerebbe vedere realizzata?

In futuro, mi piacerebbe collaborare con un grande retailer alla creazione di una linea unisex ed eco-friendly. È uno dei miei sogni più grandi. Idealmente, vorrei che avesse abbastanza successo da far sì che io possa disegnare una collezione a stagione. Ovviamente, non sono uno stilista. Quindi, mi farei aiutare da mio fratello, perché ha studiato moda al Savannah College of Art and Design e ha una sua linea chiamata “JNIGEL”.

Immaginavi che saresti stato in grado di farne una carriera? Cosa sognavi di essere da bambino?

Non ho mai pensato che avrei fatto del “blogging” una carriera. Nel 2013, i social media non avevano ancora preso piede. Infatti, anche se la gente aveva Instagram, non lo capiva a pieno. Quando le aziende hanno iniziato a contattarmi, ero senza parole! Ricordo ancora quando ho fatto la mia prima campagna social con Old Spice. Probabilmente, all’epoca avevo meno di 1,000 iscritti al mio blog e 5,000 follower su Instagram. A loro piacevano i contenuti che stavo creando e volevano che promuovessi la loro nuova fragranza. Quindi, me l’hanno inviata e, una volta che il contenuto è stato creato, mi hanno pagato. Se ricordo bene, ho guadagnato intorno ai 300$ per un post. Ero così emozionato, che non ho nemmeno contrattato…non potevo credere che fosse vero! In ogni caso, per quanto io abbia sempre amato la moda, non ho mai pensato che avrebbe fatto parte della mia vita lavorativa. Ho sempre voluto essere un attore di Broadway o della televisione, tanto è vero che ho frequentato dei corsi di recitazione sia alla scuola media che alle superiori.

Joel, sei originario del Sud e, più nello specifico, di Raleigh (Carolina del Nord). In che modo ti hanno influenzato le tue origini? Sei ancora legato alla tua città natale, e la tua famiglia vive ancora a Raleigh?

Ho amato crescere in Carolina del Nord. Ancora oggi, quando vado a trovare la mia famiglia e alcuni amici che vivono ancora lì, mi diverto moltissimo! Infatti, non sono contrario all’idea di tornare a vivere a Raleigh e mettere su famiglia. La città è in continua espansione, c’è così tanta varietà a Raleigh: che si voglia andare al mare, in montagna, o a cavallo in campagna, lì è possibile farlo! Sarò per sempre legato a Raleigh.

Quando ho saputo che sei originario di Raleigh, ho sorriso: apprezzo come tu abbia lasciato la Carolina del Nord per farti una vita nella grande mela, dato che io ho fatto l’esatto contrario. Essendo ancora troppo giovane, non mi hanno permesso di andare al college a New York City, anche se è sempre stato uno dei miei sogni. Quindi, ho lasciato lo stato di New York e sono andata a High Point, Carolina del Nord. Dato che la mia esperienza potrebbe essere definita come uno shock culturale, sono sicura che tu possa dire lo stesso. Quindi, dimmi Joel, il tuo trasferimento a New York City è stato altrettanto scioccante?

Amo il fatto che tu sia andata via da New York. Sì, è una delle città migliori sulla faccia della terra, ma perché non rischiare, sperimentando qualcosa di nuovo? Ho conosciuto persone che sono nate e cresciute a New York City e dicono che non se ne andranno mai, ma io trovo strana l’idea di rimanere nello stesso posto per tutta la vita. La prima volta che sono stato a New York City, avevo 16 anni ed ero insieme alla mia classe di teatro. Siamo andati a Times Square e abbiamo fatto tutto quello che fanno i turisti. Quindi, in quell’occasione, non ho vissuto la vera New York City, ma sapevo già di voler andare a vivere lì. Per questa ragione, quando due anni dopo mi sono trasferito a New York City per frequentare il LIM college, non mi sono sentito del tutto come un pesce fuor d’acqua. Sono andato subito a vivere in un dormitorio, dove ho conosciuto altri ragazzi della mia età che venivano da ogni parte d’America.

Fare il blogger a New York City è favoloso, ma tutti i tuoi follower e io vorremmo sapere com’è davvero. Facci entrare nel dietro le quinte insieme a te!

La gente pensa che, quando fai il blogger, la tua vita sia favolosa 24 ore su 24, ma non è affatto così. Ovviamente ci sono periodi, come la fashion week, pieni di sfilate e feste a cui partecipare, ma in realtà è a dir poco estenuante. Ricordo ancora quando una mia amica mi è venuta a trovare a New York City durante la settimana della moda. Pensava che sarebbe stato emozionante, ma non è riuscita ad arrivare alla fine della giornata. La fashion week è l’unico momento dell’anno nel quale ho giornate davvero piene.

Accompagnami, dall’inizio alla fine, lungo il processo di creazione dei contenuti per il tuo blog e account Instagram.

Ogni volta che scatto per il mio blog o Instagram, in particolar modo se si tratta di un progetto speciale, studio il photo shoot dall’inizio alla fine. Immaginiamo che mi venga proposta una collaborazione, tutto ha inizio con quattro o cinque e-mail di negoziazione. Poi c’è un contratto, con termini e scadenze. Mentre i prodotti sono in viaggio, faccio brainstorming, pensando al dove e come voglio ritrarre i prodotti in questione. Dopo di che, c’è l’editing delle foto e l’invio di queste ultime per approvazione. È in questa fase che il brand decide se le foto devono essere riscattate o se le didascalie che le accompagnano devono essere riscritte. Purtroppo, mi è capitato di dover rifare un paio di servizi, e mi è anche successo che il progetto fosse cancellato dopo aver già scattato e inviato le foto!

Ammiro davvero molto il tuo stile fotografico, che metti in mostra sul tuo account Instagram. Chi scatta queste fotografie?

Grazie, lo apprezzo! In ogni caso, dipende da molti fattori. Da quando siamo in quarantena, il mio ragazzo ha dovuto fare un passo in avanti, ma non gli dispiace aiutarmi. Ho sempre in mente il modo in cui voglio che una particolare fotografia venga scattata, ma anche lui contribuisce, offrendo il suo punto di vista. Solitamente facciamo le foto in entrambi i modi, ma l’80% delle volte mi piace di più la sua idea. Qualche volta metto la vergogna da parte e apro il cavalletto, ma prima del COVID-19 scattavo con tre fotografi: Freddy Merizalde, Asia Minor e Mimi Abintra. Amo mescolare stili diversi nel mio feed, e loro scattano in maniera completamente diversa.

Facciamo un passo indietro. In che modo hai sviluppato il tuo stile personale? E diresti che è cambiato nel corso degli anni?

Il mio stile è diverso da come era una volta, ma al tempo stesso non è cambiato. Non so come spiegarlo. Diciamo che porto sempre avanti un’estetica costruita sul rendere indistinto il confine tra l’abbigliamento maschile e quello femminile, un’estetica che è però stata raffinata nel corso degli anni.

In questo difficile periodo trascorso in quarantena, qual è una cosa che hai imparato su te stesso o sul tuo ragazzo? E un hobby o un’attività che hai iniziato o ripreso in mano? Nel complesso, questo periodo di quarantena cosa ti ha fatto realizzare e di cosa ti ha fatto essere grato?

È difficile stare in quarantena. Non mi lamento, come un egoista, del non poter andare al bar o al ristorante (cosa che ho visto fare spesso), per me la parte più difficile è il non essere in grado di vedere i miei amici, abbracciarli e passare del tempo insieme a loro! In ogni caso, il mio fidanzato e io siamo dei pantofolai, e apprezziamo la compagnia l’uno dell’altro. Da quando siamo in quarantena, non credo ci sia mai stata una volta nella quale mi ha davvero infastidito. È divertente, perché ogni volta che abbiamo bisogno di qualcosa dal supermercato o di sbrigare una commissione, solo uno dei due esce di casa. Sono abbastanza sicuro del fatto che, a livello inconscio, sia un darsi a vicenda uno spazio per poter respirare. Nel complesso, sono davvero grato per la mia salute, i miei amici e la mia famiglia, che mi hanno aiutato a mantenere l’equilibrio con messaggi e videochiamate.

Joel, parlami della tua bio di Instagram: “Blurring the lines between menswear & womenswear” (in italiano, “Rendendo indistinto il confine tra l’abbigliamento maschile e quello femminile”, N.d.R.). Che cosa significa per te? E in che modo l’hai messa in pratica, per creare il tuo stile personale?

“Rendendo indistinto il confine tra l’abbigliamento maschile e quello femminile” è il modo in cui descriverei il mio stile personale. Amo prendere capi femminili, che dal punto di vista tecnico potrebbero essere unisex, e mescolarli a pezzi maschili. Per esempio, potrei indossare una giacca nera da donna, e abbinarla a una T-shirt da uomo stampata e un paio di pantaloni femminili. Sai quante volte ho postato una foto nella quale indossavo un paio di pantaloni da donna e un ragazzo mi ha inviato un messaggio, dicendo che non riusciva a trovarli sul sito del marchio? Ogni volta devo spiegare che ci sono, ma si trovano nella sezione donna, lasciando il ragazzo in questione senza parole e intavolando una discussione sull’inutilità delle distinzioni tra uomo e donna nella moda!

Vorrei approfondire le tematiche dell’inclusione, della moda genderless e della comunità LGBTQ+, dato che questo è il mese del Pride! (Sorride, N.d.R.) In che modo l’aver trovato questa comunità ha cambiato la tua vita in meglio?

Amo il fatto che ci prendiamo un mese per celebrare la comunità LGBTQ+! Inoltre, mi rende davvero felice che le aziende stiano usando le loro piattaforme a sostegno della comunità. Ciò detto, mi lascia senza parole il fatto che il matrimonio tra persone dello stesso sesso sia riconosciuto legalmente solo da cinque anni. In ogni caso, pochi giorni fa abbiamo scoperto che la Corte Suprema ha deliberato che, d’ora in poi, la comunità LGBTQ+ sarà protetta dal Civil Rights Act. Senza dubbio, abbiamo lottato duramente, ma c’è ancora molto lavoro da fare. Ci sono diverse organizzazioni che supportano la comunità LGBTQ+ e aiutano i giovani, come “It Gets Better Project”. Con queste organizzazioni, stiamo cambiando la storia per le generazioni future.

Toccando un tasto personale, mi racconteresti il tuo coming out, l’esperienza che hai vissuto quando ti sei sentito pronto ad aprirti con la tua famiglia e i tuoi amici?

I miei amici hanno sempre saputo che sono gay. È divertente, perché sono abbastanza sicuro che l’abbiano capito prima della mia famiglia. Per non parlare del fatto che sono il più giovane di tre figli e siamo tutti e tre gray. Quando la gente dice che l’essere gay è una scelta, le rido in faccia, perché sono l’esempio vivente di un patrimonio genetico omosessuale. Ovviamente, essendo il piccolo della famiglia, per me fare coming out non è stato tanto difficile quanto lo è stato per mio fratello o mia sorella. Penso che i miei genitori si sarebbero più sorpresi se gli avessi detto che sono eterosessuale. Nondimeno, mi amano e supportano al 100%. L’altro giorno, ho letto un tweet che diceva: “Se l’orientamento sessuale di tuo figlio sarà un problema per te, non avere figli”, e non potrei essere più d’accordo.

Da quando vivi a New York City, hai partecipato al Gay Pride? Devo dire che amo guardare questa parata, mi rende così felice vedere la gente essere davvero se stessa e celebrare la propria vita com’è giusto che sia! New York City sembra molto più felice in quei momenti! In ogni caso, come ti fa sentire questa parata celebrativa?

Quando mi sono trasferito a New York City, ho partecipato a un paio di Pride. Sfortunatamente, con il passare del tempo, mi sono accorto che l’ansia mi impedisce di assistere a eventi pubblici con grandi folle. Quindi, la mia idea di festeggiamento consiste, ora, nel postare online, supportare e fare donazioni a organizzazioni no profit LGBTQ+, e partecipare a piccoli eventi LGBTQ+ all’interno della comunità di Brooklyn.

Per chiudere questa parentesi, cosa ti piacerebbe veder succedere all’interno della comunità LGBTQ+?

Oddio, ci sono così tante cose che devono progredire all’interno della comunità LGBTQ+, ma cercherò di essere breve. La prima cosa che mi viene in mente è il rendere l’adozione più semplice per le coppie dello stesso sesso. Un’altra è il far sì che i gay possano donare il sangue. Quest’ultimo punto mi lascia senza parole: innanzitutto, come si può sapere se una persona è gay oppure no? In secondo luogo, ci sono molti uomini che si definiscono eterosessuali, ma hanno segretamente dormito con altri uomini…non vado oltre!

Essendo un blogger e un uomo di colore, hai una voce e, con 68,5 mila follower su Instagram, un pubblico che ti ascolta. Parlando delle proteste “Black Lives Matter”, come ti ha fatto sentire questa sorta di campanello d’allarme che ha coinvolto tutto il mondo? Avverti un senso di responsabilità nei confronti dei tuoi follower, il dovere di educarli e far sentire la tua voce a tale proposito?

Avverto un forte senso di responsabilità, che mi spinge a mettere la mia voce al servizio del movimento “Black Lives Matter” e di ciò che è giusto. Sui miei canali social, ho condiviso e supportato molti brand, film e canzoni che sono il risultato del lavoro di altrettante persone di colore, così come petizioni da firmare e organizzazioni alle quali fare donazioni. Ho inoltre sottolineato che non si tratta di un trend, ma di un qualcosa a cui dedicarsi 365 giorni l’anno!

Proseguendo con questo argomento, cosa pensi a proposito del modo in cui la comunità dei blogger ha risposto? Pensi che i social network siano uno strumento efficace nella lotta contro la discriminazione?

La condivisione sui social media è stata a dir poco fantastica. Ho alcuni amici blogger che mi contattano prima di condividere qualcosa, in modo da essere sicuri che l’informazione che stanno per dare sia corretta. Per me, è stato bello avere queste conversazioni aperte con i miei follower e aiutarli a capire in che modo possono supportare la comunità afro-americana.

Guardando al futuro, qual è una cosa che ti piacerebbe vedere realizzata?

In futuro, mi piacerebbe collaborare con un grande retailer alla creazione di una linea unisex ed eco-friendly. È uno dei miei sogni più grandi. Idealmente, vorrei che avesse abbastanza successo da far sì che io possa disegnare una collezione a stagione. Ovviamente, non sono uno stilista. Quindi, mi farei aiutare da mio fratello, perché ha studiato moda al Savannah College of Art and Design e ha una sua linea chiamata “JNIGEL”.

Amo prendere capi femminili, che dal punto di vista tecnico potrebbero essere unisex, e mescolarli a pezzi maschili.