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Intervista

Giorgia Eugenia Goggi

Una ristoratrice appassionata e con esperienza, amante del cibo in tutte le sue declinazioni! Lei è Giorgia Eugenia Goggi, e ci porterà in un viaggio che riguarderà la sua carriera, le sue esperienze e i suoi preziosissimi consigli. Continuate a leggere per saperne di più!

Ciao, Giorgia! Inizierei chiedendoti: come è nata la tua passione per il cibo e la cucina?

La passione per la cucina c’è sempre stata, da quando ho memoria. La fascinazione per i mercati di quartiere, le materie prime, i libri di cucina, ho passato tutti i pomeriggi della mia infanzia in cucina con mamma e nonne, incantata da quei gesti antichi e quei profumi indimenticabili.

Giorgia Eugenia Goggi

Il lato estetico e di presentazione è estremamente importante, ma risulta inutile se non ci sono delle solide fondamenta di sostanza e gusto.

Secondo te, il fatto di essere italiana, e di essere cresciuta in un paese dove il cibo è culturalmente radicato nelle nostre tradizioni ha influito sulla tua passione? E tu personalmente, preferisci la cucina nostrana o qualche altra straniera?

Senza dubbio, in italia c’è un attaccamento viscerale al cibo, abbiamo molto rispetto per le nostre tradizioni e difendiamo la nostra cultura gastronomica in maniera fiera e decisa. Io amo il cibo e la cucina in senso ampio, non ho un’unica corrente di riferimento. La cucina italiana è il mio punto di partenza, poi lascio spazio a contaminazioni di ogni tipo.

Quali qualità deve avere un vino per essere l'ideale da servire a tavola, che accompagni bene sempre tutte le pietanze?

Io bevo e servo solo vini naturali durante le mie cene in Masseria, mi piace sentire l’espressione di un territorio, raccontare la storia di un vignaiolo e di una determinata annata, piuttosto che attenermi a criteri di valutazione convenzionali.

Al giorno d'oggi i ristoranti sono di certo cambiati rispetto a quelli di una volta, più rustici e caserecci. Il cambiamento moderno, che punta anche e soprattutto ad un'accoglienza professionale e ad un impiattamento delle portate che potrebbe 'saziare' più l'occhio che il palato, secondo te quali pro e contro ha?

Credo che ci debba essere equilibrio e rispetto della materia, prima di tutto. Il lato estetico e di presentazione è estremamente importante, ma risulta inutile se non ci sono delle solide fondamenta di sostanza e gusto.

Quanto è importante l'avere sempre i prodotti a chilometro zero? Può essere considerato un 'must' specie per quei ristoranti o chef che tendono a promuovere una cucina legata alla propria terra di origine?

La filosofia chilometro zero non si limita a esaltare le ricchezze di un territorio, è una scelta consapevole che mira soprattutto alla sostenibilità, al rispetto di stagionalità, ecologia e sensibilizzazione della clientela.

Per quanto riguarda l'Italia, quale regione per te ha i piatti più buoni? E quale cucina straniera invece ha un posto speciale nel tuo cuore?

Domanda difficile, la cucina italiana ha mille sfumature tutte uniche e interessanti. Le mie preferenze si dividono tra Piemonte, Sicilia e Emilia Romagna. La cucina asiatica, specialmente quella giapponese, ha aperto in maniera particolare la mia visione sul cibo.

Cosa pensi invece dei programmi televisivi a tema food, specie quelli a sfondo competitivo? Al di là dell'aspetto di intrattenimento, pensi che istruiscano davvero sulla cultura del cibo?

Non sono un’appassionata di talent culinari, mostrano ben poco di quello che è davvero cucina e cultura della ristorazione. È innegabile però che abbiano avvicinato molto le persone al mondo della cucina, facendolo diventare nel giro di poco tempo, un argomento accessibile a tutti, suscitando curiosità e voglia di informarsi maggiormente.

Quali sono le qualità che un aspirante chef o ristoratore dovrebbe avere per intraprendere la propria carriera nel settore? Tu che consigli daresti loro?

Non omologarsi, studiare, fare ricerca, esperienza sul campo, cercare la propria strada, conoscere i produttori, rispettare le materie prime, fare scelte etiche e sotenibili.

A livello di gusto e di lavoro, ti chiedo: preferisci sperimentare e mischiare ingredienti e piatti appartenenti a diverse culture o tendi ad essere più tradizionale?

Ho potuto viaggiare molto, per me la contaminazione è inevitabile, fa parte del mio modo di tradurre le mie esperienze personali e trasformarle in un piatto. A volte il punto di partenza può essere un piatto della tradizione radicato nella mia memoria, ma poi lascio ampio spazio alle contaminazioni.

Qual è il tuo rapporto con i social media? Li trovi particolarmente utili, per la tua carriera e la tua passione? Cosa ti affascina di loro, e cosa invece non ti piace?

Dei social adoro la possibilità di connettersi a altre realtà che condividono gli stessi valori e vedere in tempo reale a cosa stanno lavorando, quali ingredienti hanno a disposizione, eccetera. Mi piace potermi raccontare facendo uno storytelling day by day usando immagini e video di quello che succede nella mia cucina, ho sempre pensato che cucinare sia un diverso modo di comunicare. Non mi piace la dinamica commerciale, ci si imbatte continuamente in promozioni e messaggi promossi da sponsor, è diventato molto difficile capire quali sono i contenuti autentici.

Spostandoci invece sulla moda, come descriveresti il tuo stile nel vestire? Ti chiedo anche se hai dei 'must-have' che non manchi mai di indossare e se segui o ti piace qualche trend nello specifico.

Sono in una fase della mia vita in cui le mode passeggere non mi interessano più molto. Mi piacciono le cose semplici ma ben fatte, con tagli accurati e materiali di qualità, tendenti all’unisex. Nel mio armadio non possono mancare camicia bianca, denim blu notte, blazer da uomo, maglioni a collo alto e canotte di seta.

Tornando alla tua carriera, qual è la parte più faticosa e impegnativa? Quale invece quella più gratificante?

Sono molto fortunata, lavoro in un posto bellissimo, con un team affiatato e libertà assoluta di espressione. Gli aspetti più impegnativi sono gli orari intensi, la stanchezza fisica e i livelli di stress psicologico a cui siamo sottoposti. Personalmente mi impegno per costruire un ambiente sano, corretto e etico nella mia cucina, per me stessa e per la mia brigata.

Arrivata a questo punto della tua carriera, quali momenti ricordi con più affetto e orgoglio?

Sono molto legata al ristorante Erba Brusca di Milano, dove ho fatto il primo stage serio di cucina, lo considero a tutti gli effetti la mia seconda casa. Mi hanno dato la possibilità di imparare molto, sperimentare, esprimermi e credere nelle mie capacità.

In conclusione, se dovessi pensare a cosa vorresti ancora fare, nella vita e nella carriera, e a quali nuovi obiettivi raggiungere, di cosa si tratterebbe?

Ultimamente sto pensando a un locale che possa unire la dimensione di bakery, laboratorio, gastronomia e caffè. Un luogo di incontro dove poter acquistare prodotti di qualità, scambiare quattro chiacchiere, fare colazione o pranzo seduti al bancone, una dimensione semplice, autentica, familiare.