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Intervista

Gabriele D'Agostino

Abbiamo appena incontrato Gabriele D’agostino, Fotografo, influencer e molto altro. Scopri cosa ci ha raccontato in esclusiva e leggi tutto d’un fiato questa intervista davvero unica.

Gabriele, 27 anni, fotografo regista. Cosa ci dici di più di te?

Nella vita racconto storie, che sia una foto che sia un video, però mi piace anche riviverle. Quindi mi piace circondarmi di elementi che raccontano qualcosa di me. Mi piace tanto cucinare, mi piace dipingere, perché il racconto è una costante della mia vita, quindi potremmo dire in più che sono uno storyteller.

Un capo d’abbigliamento che mi rappresenta molto, sono le camicie, perché nasco come reporter di matrimoni, quindi sono stato abituato a stare in giacca, cravatta, camicia per anni.

dago

Quanto dei colori della tua Palermo c'è nella tua vita milanese e nella tua fotografia?

Allora, come ben sappiamo, una costante palermitana siciliana e il caldo. Quindi in questa vita quotidiana milanese riporto sempre questi colori caldi, questi colori che ti fanno sentire un po' in riva al mare al tramonto col sole caldo che ti brucia la pelle. Ogni volta che scendo a Palermo poi risalgo con dei piatti diversi, con delle cose diverse da mettere, qua e là per casa. Quindi c'è tanto. C'è tanto della mia Palermo nella Milano di ogni giorno, ma anche nell'ambiente dove vivo.

Da cosa trai ispirazione per le storie che racconti attraverso la fotografia?

Traggo ispirazione dal mio trascorso, dal mio passato, dalle storie che ho vissuto. Ne ho vissute un po' di tutti i colori. E ogni giorno riporto nella mia arte quello che è stato il mio trascorso.

Lo spazio che più ti rappresenta?

Allora, lo spazio fisico che più mi rappresenta è casa mia. Soprattutto la mia camera da letto, dove ho messo tipo ottomila cose tanto per non rimanere mai senza niente da fare con la vista. Mentre lo spazio mentale è il calore della mia famiglia, che, anche se sono lontani, mi danno sempre tanto affetto se volessimo essere concettuali, vi direi invece lo spazio del ricordo.

Quanto dei colori della tua Palermo c'è nella tua vita milanese e nella tua fotografia?

Allora, come ben sappiamo, una costante palermitana siciliana e il caldo. Quindi in questa vita quotidiana milanese riporto sempre questi colori caldi, questi colori che ti fanno sentire un po' in riva al mare al tramonto col sole caldo che ti brucia la pelle. Ogni volta che scendo a Palermo poi risalgo con dei piatti diversi, con delle cose diverse da mettere, qua e là per casa. Quindi c'è tanto. C'è tanto della mia Palermo nella Milano di ogni giorno, ma anche nell'ambiente dove vivo.

Da cosa trai ispirazione per le storie che racconti attraverso la fotografia?

Traggo ispirazione dal mio trascorso, dal mio passato, dalle storie che ho vissuto. Ne ho vissute un po' di tutti i colori. E ogni giorno riporto nella mia arte quello che è stato il mio trascorso.

Lo spazio che più ti rappresenta?

Allora, lo spazio fisico che più mi rappresenta è casa mia. Soprattutto la mia camera da letto, dove ho messo tipo ottomila cose tanto per non rimanere mai senza niente da fare con la vista. Mentre lo spazio mentale è il calore della mia famiglia, che, anche se sono lontani, mi danno sempre tanto affetto se volessimo essere concettuali, vi direi invece lo spazio del ricordo.

Qual è stato il tuo primo ricordo di lavoro legato al mondo della moda?

Ho molti ricordi legati a quando mi sono approcciato al mondo della moda. Però non sono ricordi molto eleganti, anzi, diciamo che sono legati a ricordi dell’università abbastanza equivoci e quindi è meglio lasciarli nel passato.

Se dovessi raccontarti con un look, cosa indosseresti?

Io ammetto di essere una persona eccentrica. E proprio per questo, amo anche essere colorato. Però un capo d’abbigliamento che mi rappresenta molto, sono le camicie, perché nasco come reporter di matrimoni, quindi sono stato abituato a stare in giacca, cravatta, camicia per anni. Quindi quando mi metto una camicia, mi sento che ho la mia uniforme di lavoro.

Qual è la fotografia che vorresti scattare: a chi, dove e perché?

C’è una foto che più vorrei fare alla persona che ho più a cuore in assoluto, nel momento più importante della mia vita, vi dico che è mia sorella, il giorno del suo matrimonio, che sarà quest'estate. Mi sono ripromesso di non portare neanche una fotocamera, di spegnere il telefono, raccontare tutto con il mio sguardo. Però se potessi, sì, mi piacerebbe tantissimo fotografare mia sorella con l'abito di mia nonna, che piange durante lo scambio degli anelli, mi piacerebbe scattare mia sorella, che arriva all'altare e vede Enrico suo marito che l'aspetta, e vorrei essere là con il mio teleobiettivo a scattare questi momenti. Però no. Preferisco che viga la supremazia dell'occhio, e voglio che questi momenti siano scavati nella mia memoria, non nella mia scheda SD.

Qual è stato il tuo primo ricordo di lavoro legato al mondo della moda?

Ho molti ricordi legati a quando mi sono approcciato al mondo della moda. Però non sono ricordi molto eleganti, anzi, diciamo che sono legati a ricordi dell’università abbastanza equivoci e quindi è meglio lasciarli nel passato.

Se dovessi raccontarti con un look, cosa indosseresti?

Io ammetto di essere una persona eccentrica. E proprio per questo, amo anche essere colorato. Però un capo d’abbigliamento che mi rappresenta molto, sono le camicie, perché nasco come reporter di matrimoni, quindi sono stato abituato a stare in giacca, cravatta, camicia per anni. Quindi quando mi metto una camicia, mi sento che ho la mia uniforme di lavoro.

Qual è la fotografia che vorresti scattare: a chi, dove e perché?

C’è una foto che più vorrei fare alla persona che ho più a cuore in assoluto, nel momento più importante della mia vita, vi dico che è mia sorella, il giorno del suo matrimonio, che sarà quest'estate. Mi sono ripromesso di non portare neanche una fotocamera, di spegnere il telefono, raccontare tutto con il mio sguardo. Però se potessi, sì, mi piacerebbe tantissimo fotografare mia sorella con l'abito di mia nonna, che piange durante lo scambio degli anelli, mi piacerebbe scattare mia sorella, che arriva all'altare e vede Enrico suo marito che l'aspetta, e vorrei essere là con il mio teleobiettivo a scattare questi momenti. Però no. Preferisco che viga la supremazia dell'occhio, e voglio che questi momenti siano scavati nella mia memoria, non nella mia scheda SD.