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Intervista

Elisa Seitzinger

‘Spero che possa andare meglio alla piccola e media impresa, la quale rappresenta, in molti settori, il motore e l’eccellenza dell’economia italiana’. Questo, il sogno di Elisa Seitzinger per il futuro. Elisa è un’illustratrice di talento, la quale ha intrapreso un percorso artistico-creativo con il cognome della nonna, Seitzinger. Elisa è un’artista completa, che ha scelto linee e colori primari come strumenti di espressione. Se volete saperne di più, non vi resta che continuare a leggere!

Qual è stato il tuo primo approccio con il mondo dell’arte? E in che modo hai sviluppato la tua creatività?

Ho sempre disegnato e, più in generale, amato l’arte. In Italia, si respira in ogni angolo e, oltre a colpirmi visivamente, mi è sempre interessata come linguaggio e forma espressiva. Per questa ragione, dopo aver concluso gli studi classici, ho deciso di studiare Illustrazione allo IED, dove oggi insegno, e Storia dell’Arte all’università. Poi ho iniziato a utilizzare il disegno per scopi commerciali, ma solo più tardi ho capito in che modo unire questi fini a quelli artistici, armonizzandoli tra loro.

Elisa Seitzinger

L'utilizzo dei colori primari è nato dall'esigenza di limitarmi e, allo stesso tempo, di ottenere il massimo contrasto possibile, usando dei colori senza tempo e giocando a tetris con essi.

Qual è stato il momento nel quale hai realizzato di voler intraprendere una carriera artistica?

Quattro anni fa, dopo un viaggio in Sicilia, ho deciso che non avrei più disegnato solo per lavoro, ma anche per esprimere la mia personalità. Ho così intrapreso un percorso autoriale con il cognome di mia nonna, Seitzinger. Ero molto legata a mia nonna, la quale aveva, per l’appunto, un cognome impronunciabile e, al tempo stesso, più affascinante del mio.

Nel 2019, per un artista o, più nello specifico, un illustratore, quali sono gli ingredienti necessari a ottenere successo e riconoscimenti?

Non ho una ‘ricetta’ pronta. Quello che so con certezza è che il talento non è che la base, da solo non basta. Bisogna lavorare molto (e, se si riesce, riposare e divertirsi per non esplodere), trovare le proprie fonti d’ispirazione e saperle usare. È poi necessario avere un metodo e comunicare con il mondo. Per quanto riguarda l’ultimo punto, ci tengo a precisare che i social network aiutano, ma anche le relazioni non virtuali servono e vanno coltivate. La cosa più difficile è riuscire a trovare il tempo per la ricerca e i progetti personali. Per fare questo, dobbiamo ricordarci che non facciamo questo lavoro soltanto per un tornaconto economico. Alle volte è difficile ritagliarsi del tempo, ma ogni tanto bisogna farlo.

Tornando al tuo lavoro, quali sono le fonti d’ispirazione principali?

Tendo a ispirarmi, più che altro, a codici stilistici, e non a singoli artisti. Per esempio, la mia attenzione è rapita dall’arte medievale sacra e cortese, dalle vetrate delle cattedrali gotiche e dai codici miniati, dalla pittura dei primitivi italiani e fiamminghi, dalle icone russe e dai mosaici bizantini, dall’iconografia esoterica, dai tarocchi, dagli ex-voto, ma anche da tutta l’arte classica e dall’arte visiva degli anni ’20 e ’30. L’arte contemporanea è di mio interesse, ma per essere ispirata avverto la necessità di volgere lo sguardo al passato.

E in che modo definiresti l’uso del colore nelle tue opere d’arte?

A dire il vero, sono molto più ‘fissata’ con la linea che con il colore. Il colore è, per me, importantissimo, ma è più un accessorio che altro: è imprescindibile alla buona riuscita di un'illustrazione, ma rimanere pur sempre un complemento. Del resto io disegno, non dipingo. L'utilizzo dei colori primari è nato dall'esigenza di limitarmi e, allo stesso tempo, di ottenere il massimo contrasto possibile, usando dei colori senza tempo e giocando a tetris con essi. I tarocchi e il Bauhaus condividono la stessa palette, e di loro mi fido. Ultimamente mi sto, però, aprendo dal punto di vista cromatico. Ho introdotto dei nuovi ingredienti, creando delle palette ad hoc, che si sposano bene con i progetti e l'identità dei miei clienti.

Hai recentemente illustrato la copertina del primo romanzo di Jonathan Bazzi, ‘Febbre’ (Fandango Libri). Ci parleresti di questo interessante progetto?

È lui che ha trovato me. A quanto pare, Jonathan aveva un mio poster appeso in camera e, anni fa, mi ha contattato perché voleva farsi tatuare la mia reinterpretazione della mano con gli occhi della Santa Lucia di Francesco del Cossa. La sentiva molto intima e, quando ho letto il libro, ho capito il perché abbia voluto a tutti i costi quell’immagine. Fandango era, per altro, d’accordo. Quegli occhi sono Jonathan. Per capirlo, dovreste leggere il libro anche voi. Ve lo consiglio, è molto bello. Vi riporto quello che lo stesso Jonathan ha detto a proposito di ‘Febbre’ e la sua copertina: "raffigura un’offerta, l’offerta viva di uno sguardo, di un punto di vista. Ecco come sono andate le cose o, più precisamente – come mi ha fatto notare il mio ragazzo –, ecco come io le ho viste, ecco il modo in cui mi sono apparse. Febbre è l’offerta di un punto di vista. Un reportage a ritroso nel segreto, in ciò che ci insegnano sia meglio non dire”.

Tra i progetti ai quali hai lavorato, qual è l’opera alla quale sei maggiormente legata?

A mio avviso, gli Arcani Maggiori che ho disegnato per Sabat Magazine rappresentano, dal punto di vista formale, il lavoro più bello fra quelli che ho realizzato. Il progetto ‘Minor Arcana’ è, invece, quello più interessante a livello contenutistico. Un progetto personale, che mi ha poi fatto vincere il ‘Premio Illustri 2018’ nella categoria ‘Design’.

Ciò detto, hai personalizzato il packaging delle fragranze di Alqvimia ‘Sensuality Esprit de Parfum’ e ‘Seductive Man Esprit de Parfum’. Come descriveresti le illustrazioni realizzate per questo marchio spagnolo?

Una rivisitazione del Bacio di Klimt, in versione 'matrimonio alchemico’: elegante, sensuale, romantica e in armonia con i valori del brand. In definitiva, un packaging ben riuscito.

Infine, hai collaborato con Lomography, dipingendo a mano una macchina fotografica ‘’Sardina DIY’. Cosa ricordi ancora di questa particolare esperienza?

È stato divertente poter ‘customizzare’ un simile oggetto. Un bel passatempo da vacanza natalizia.

Qual è l’ambito con il quale vorresti avere la possibilità di lavorare, intraprendendo una collaborazione artistico-creativa?

L’alta moda e il design. Sto inoltre realizzando, insieme al mio compagno, un albo illustrato da proporre a qualche casa editrice fuori dagli schemi. In verità, il progetto è ancora embrionale, ma sarà un racconto dall'atmosfera metafisica, che parlerà del tempo inteso come spazio.

Lavorativamente parlando, hai dei rimorsi o rimpianti? Come e, soprattutto, dove ti vedi tra cinque anni?

Il rimpianto è di non aver iniziato prima a fare quello che sto facendo ora. Fra cinque anni? Mi vedo esattamente come adesso, ma con più progetti alle spalle…spero il più possibile interessanti!

E un sogno per il futuro della scena creativa italiana?

Spero che possa andare meglio alla piccola e media impresa, la quale rappresenta, in molti settori, il motore e l’eccellenza dell’economia italiana. Se quella non funziona, la creatività muore.

Quello che so con certezza è che il talento non è che la base, da solo non basta. Bisogna lavorare molto (e, se si riesce, riposare e divertirsi per non esplodere), trovare le proprie fonti d’ispirazione e saperle usare.