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Intervista

Davide Trabucco

‘L’unico mio sogno è quello di saper continuare a camminare’. Queste, le illuminanti parole dell’artista Davide Trabucco. Dal profilo Instagram ‘confórmi’ ai contenuti realizzati per le realtà creative ‘Osservatorio' e 'Fondazione Prada', Davide ci accompagna in questo nostro percorso di scoperta della sua produzione artistica…

Innanzitutto, come descriveresti la tua produzione artistica?

La mia ricerca riflette il mio carattere. La mia insicurezza si trasforma spesso in un’incessante produzione seriale, perché alle domande che sono al principio delle mie opere rispondo sempre con una pluralità di cose. Difficilmente realizzo un pezzo unico e, quando accade, spesso mi ‘spavento'.

Davide Trabucco

Credo Bologna sia una città molto asciutta e rigorosa, che svela con grande cautela i suoi tesori e le sue qualità nascoste. S’impara a guardare soprattutto tramite il mondo circostante. Più cresco e più scopro, anche attraverso gli scatti di Ghirri o le letture di Tondelli, quanto l’essere emiliano sia una risorsa e, in un certo senso, anche una dolce condanna.

Facciamo un passo indietro. In che modo hai sviluppato il tuo istinto creativo?

Credo il momento di svolta sia stato il mio ingresso, come borsista, presso la Fondazione Collegio Artistico Venturoli di Bologna, una realtà centenaria che assiste e sostiene i giovani artisti. Entrare in dialogo con gli altri borsisti mi ha permesso di sviluppare un mio percorso.

Ciò detto, come definiresti la scena artistica contemporanea?

Ogni tempo ha il suo modo di raccontarsi. Ciò detto, c’è un’enorme difficoltà nel riuscire a far emergere la qualità. Del resto, viviamo in un’epoca nella quale si monetizzano le semplici visualizzazioni, che non hanno alcuna valenza critica rispetto al contenuto dell’oggetto.

‘confórmi’, uno dei tuoi profili Instagram, conta oltre 530 post e 30,000 follower. Qual è l’importanza dei social network nella tua pratica artistica?

I social network sono un ottimo strumento per entrare in contatto con diverse professionalità. Molti progetti sono nati grazie a persone conosciute attraverso questi canali. Grazie a un like, si possono bypassare, in un attimo, segreterie e uffici stampa, e credo questa sia la cosa più sorprendente. Dal punto di vista della creazione artistica, il progetto confórmi ha, ovviamente, i social nel suo DNA, essendo nato per essere veicolato attraverso questi canali di comunicazione.

Sei nato e cresciuto a Bologna, dove per altro vivi ancora oggi. Nelle tue opere cosa possiamo trovare della tua città natale?

Il rigore. Credo Bologna sia una città molto asciutta e rigorosa, che svela con grande cautela i suoi tesori e le sue qualità nascoste. S’impara a guardare soprattutto tramite il mondo circostante. Più cresco e più scopro, anche attraverso gli scatti di Ghirri o le letture di Tondelli, quanto l’essere emiliano sia una risorsa e, in un certo senso, anche una dolce condanna.

Qual è il progetto, o la personale, che ricordi con particolare affetto?

Fra tutti, un wallpaper ideato per l’abitazione privata di una coppia di collezionisti. Entrare nelle case altrui è sempre un difficile esercizio che si deve svolgere con cautela.

Hai lavorato per ‘Osservatorio’ e ‘Fondazione Prada’, realizzando una serie di contenuti destinati ai loro canali social. Ci parleresti di questo tuo progetto?

Il progetto nasce dall’esigenza di Fondazione Prada di assumere una veste differente per i suoi contenuti social, aprendosi a collaborazioni artistiche. Ho deciso di utilizzare il sistema di associazione per immagini di confórmi, cercando una veste grafica nuova, appositamente creata per i loro canali di comunicazione.

Qual è un progetto ancora incompiuto al quale vorresti dedicare tempo e attenzioni?

Un lavoro sull’iconografia di Giuseppe Garibaldi, che si trova sul tavolo del mio studio e per il quale non ho mai tempo. Ho però imparato che l’abbandonare e lasciar sedimentare è parte del processo creativo stesso.

Cosa non può mancare nella tua valigia?

Un libro di poesie, l’iPod classic, un quaderno per scrivere e un paio di camicie.

E qual è il capo al quale sei più legato?

Una camicia di Paul Smith.

Con i tuoi lavori, hai mai pensato di realizzare una capsule collection?

La moda ha un fascino indiscusso. Si tratta di un mondo che riesce a coinvolgere, in modo perfetto, un gran numero di professionalità differenti. Se dovessi realizzare una collezione, non mi vorrei limitare a trasferire le immagini di confórmi su una T-shirt, perché non troverei alcun senso nel cambiare supporto, ma cercherei di portare il mio modo di vedere nel processo di realizzazione di un abito.

Un sogno per il futuro?

I sogni stanno sempre all’orizzonte del punto in cui ci troviamo sulla carta. Quindi, l’unico mio sogno è quello di saper continuare a camminare.

E un consiglio per i giovani artisti che sono alla ricerca della propria cifra stilistica?

Fare tanta ricerca e trovare il proprio linguaggio. La qualità, con il tempo, non sparisce, bensì matura sempre di più: le cose non sono mai immediate, ma necessitano del giusto tempo. Non si può chiedere a un frutto di maturare in anticipo.

Ogni tempo ha il suo modo di raccontarsi. Ciò detto, c’è un’enorme difficoltà nel riuscire a far emergere la qualità. Del resto, viviamo in un’epoca nella quale si monetizzano le semplici visualizzazioni, che non hanno alcuna valenza critica rispetto al contenuto dell’oggetto.

Crediti
Davide Trabucco, Versus, Unfolding Pavilion, Venezia, 2016
Davide Trabucco, All Tomorrow's Pantheon, per WAR – Warehouse of Architecture and Research, Roma, 2018
Davide Trabucco, Archetipi, CHEAP Festival, Bologna, 2015
Davide Trabucco, Stilopòdi, Fondazione Collegio Artistico Venturoli | Bologna, 2017